giovedì 15 gennaio 2009

CROCI E LUCE

sono le 5:30 del mattino ed approfitto della pace e quiete in questa casa solitamente affollata con 3 bambini 2 adulti e un cane, per mettere giu' qualche parola.
La luce di questo continente e' spettacolare, e mi fa pensare a come rifletta il modo di vivere e pensare delle sue genti. Mentre da noi ha una natura rifratta e spezzata in miliardi di particelle svolazzanti, che nel loro rimbalzare smussano gli angoli delle cose percepite, ammorbidendone la visione, come un velo sottilissimo messo davanti agi occhi, qui e' un elemento quasi tangibile, una presenza unica e affilata come un rasoio. La lucentezza che questo sole Californiano da' alle cose - che colpisce quasi brutalmente- facendole brillare in modo offensivo agli occhi, come se fra noi e la realta' ci fosse un filtro polarizzatore che acutizza ogni cosa, gli angoli, gli spigoli, le superfici tutte emergono violente verso di noi in una tridimensionalita' che rende la visione quasi crudele.
E non posso non riflettere a come la qualita' della luce si ripercuota in qualche modo sul modo di vivere della gente. Se la nitidezza o morbidezza possa influenzare le azioni della gente: quelle Americane determinate e piene di finalita', prive di mezze misure in questo nuovo mondo i cui abitanti agiscono in modo prepotente e autoritario sotto l'implacabile forza di una luce priva di sfumature, mentre la frastagliata natura della nostra luce ci inviti invece ad un'apprezzamento degli aspetti sensuali della vita, dei piaceri della carne e del piacere, rendendoci pigri e sottomessi al fato e allo status quo in cui viviamo.
Mi domando quindi se l'aspetto fisico della luce e la percezione visiva del mondo abbia un peso nel modo in cui pensiamo ed agiamo spiegando in qualche modo perche' questa societa' sia in continuo movimento, poco sofisticata ma dinamica, priva di autocritica e di dubbi esistenziali, al contrario della nostra paralizzata cultura, frammentata e socialmente apatica come la luce divisa e rifratta che ci circonda.

Questa considerazione mi porta in modo indiretto e apparentemente senza logica a menzionare l'installazione a scopo socio-artistico che si trova su una collinetta di erba di fronte alla rampa che porta sull'autostrada a Lafayette. Ieri passandoci davanti era una distesa di croci bianche, una croce per ogni soldato morto in Iraq, che se anni fa era verde di erba con le croci rade ora era fitta di croci con un cartello che porta la scritta 4226 (numero ad oggi dei morti secondo http://www.antiwar.com/casualties/ dato che ho usato perche' non ricordo il numero effettivo sul cartello :-).
Per me che vengo ogni 2 anni questa realta' ha un'impatto cumulativo, una collina verde nella memoria che e' ora bianca in un progresso che e' temporalmente dissociato, poco fluido. Ma che effetto deve fare a coloro che ogni mattina passano di li' per andare a lavorare, o che ritornano a casa la sera, stanchi e frustrati dal traffico, che impatto ha questa invasiva rappresentazione di una realta' apparentemente lontana, e che cosa provano quando la legenda numerica e'aggiornata e le croci aumentano con stillicidio inevitabile? Sono desensibilizzati e neanche la vedono piu' questa collina o detestano la sua presenza e quello che significa ogni volta che vi si avvicinano? Magari cambiando strada per evitarla?


PS ho inserito foto nel post precedente

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